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Il filo che ci unisce Copertina rigida – 30 ottobre 2018
Opzioni di acquisto e componenti aggiuntivi
- Lunghezza stampa354 pagine
- LinguaItaliano
- EditoreDe Agostini
- Data di pubblicazione30 ottobre 2018
- Dimensioni15.1 x 3.2 x 21.8 cm
- ISBN-108851163847
- ISBN-13978-8851163846
Dettagli prodotto
- Editore : De Agostini (30 ottobre 2018)
- Lingua : Italiano
- Copertina rigida : 354 pagine
- ISBN-10 : 8851163847
- ISBN-13 : 978-8851163846
- Peso articolo : 500 g
- Dimensioni : 15.1 x 3.2 x 21.8 cm
- Posizione nella classifica Bestseller di Amazon: n. 453,663 in Libri (Visualizza i Top 100 nella categoria Libri)
- n. 748 in Ciclocomputer
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Il secondo tipo invece, decisamente meno frequente, è quello che definirei della scintilla. quasi un colpo di fulmine. Avviene con gli scritti che ti catturano da subito e ti fanno smaniare fin dalle prime righe di conoscerne tutti gli sviluppi. Tuttavia, per non rovinarne l’incanto, continui a leggerli centellinando le parole, in modo da non sciupare quella magia e prolungare il piacere.
È in quest’ultima categoria che rientra Il filo che ci unisce. Una storia che va senz’altro letta per la bravura con cui Robin Benway tratta un tema davvero delicato e con maestria è riuscita a dar vita a dar vita a una trama intrigante che fa davvero riflettere sui legami familiari.
I personaggi descritti sono a dir poco affascinanti e ben sviluppati. Ho adorato Grace, in apparenza una ragazza dalla vita perfetta, che però mostra di avere tempra.
Deve infatti fronteggiare compagni ostili una volta che rientra al liceo dopo aver dato alla luce sua figlia. Soprattutto ho apprezzato le due decisioni non facili che ha preso. La prima è quella di cercare alla sua creatura una famiglia che le desse le migliori opportunità possibili. La seconda è di andare alla ricerca della madre biologica.
Nel cammino di Grace entrano in gioco altre due persone. Una è Maya, a volte irriverente e irritante; l'altra è Joaquin, più taciturno e riservato.
Il bello è che questi tre giovani probabilmente non si sarebbero mai conosciuti se a legarli non fosse un legame speciale di cui fino a poco tempo prima non erano a conoscenza.
A unirli è il fatto di essere fratelli biologici. Probabilmente questo legame di sangue ha fatto scattare qualcosa in tutti e tre nel momento in cui si sono incontrati. Hanno percepito il desiderio di esserci da adesso in poi, di aiutarsi e sostenersi.
Da questo punto inizia la parte più commovente del libro, che narra degli incontri tra questi fratelli e di come la loro unione si faccia sempre più salda. Arrivano infatti a scoprire la sensazione di essere “famiglia” che, a causa delle loro vicende personali di figli adottivi, ognuno ha vissuto in modo personale e differente.
La metafora di questa famiglia è esplicitata da una frase che l’autrice ripete più volte nel libro, ovvero che queste persone, qualsiasi cosa succeda saranno sempre lì per noi “come un reggilibri che ti tiene in piedi quando ti sembra di cadere”.
È infatti proprio di questo che ogni persona ha bisogno, una famiglia che faccia un po’ da ammortizzatore, che ci accolga e ci sostenga qualsiasi cammino decidiamo di intraprendere e punto di riferimento a cui sappiamo di poterci rivolgere quando ne abbiamo bisogno.
Semplicemente un racconto davvero indimenticabile, che con delicatezza mostra la potenza dei legami parentali. Sono questi che ci danno stabilità, nonostante le incomprensioni che inevitabilmente possono accadere.
Dal loro incontro e da varie cose che capitano nella loro vita prenderà piede nei tre ragazzi la voglia di conoscere quello che c’è dietro al loro abbandono perché, se è pur vero che si vive benissimo anche in una famiglia adottiva, è vero anche che, ad un certo punto, è lecito voler sapere di più sulle proprie origini anche solo per mettere un mattoncino in quel posto vacante che c’è nella propria identità per poi continuare a vivere con maggiore serenità. E questo vale ancora di più quando nella propria vita accadono degli avvenimenti che vanno a scardinare ogni certezza!
La storia di Joaquin è quella che mi è rimasta di più nel cuore ed è quella che mi ha fatto piangere più volte e sono sicura che sarà così anche per voi perché lui si trova a vivere in America da bambino abbandonato e di origini messicane…cosa non proprio semplice nell’America di oggi!
La storia di Joaquin poi potrebbe essere tranquillamente la storia di tanti bambini che si trovano nel sistema delle adozioni americano!
A far da corollario ai tre ragazzi, ci saranno tanti altri personaggi…alcuni più simpatici altri meno, ma tutti funzionali alla storia perché in un libro che parla di adozioni è giusto anche parlare di quello che provano le famiglie adottive nel momento in cui il loro figlio chiede di conoscere la sua famiglia biologica e, nel caso di Maya, la sua sorellina adottiva, che si sente spodestata del suo ruolo quando Maya inizia a rapportarsi con i due fratelli biologici.
Il POV è alternato fra i tre fratelli e questo ci aiuta a conoscerli meglio e ad entrare meglio nelle loro vite.
Quando ho iniziato a leggere questo libro non pensavo che mi avrebbe toccata così nel profondo! Non conoscevo l’autrice e mai ne avevo sentito parlare da altra gente e per me è stato un po’ come buttarmi nel vuoto!
Il filo che ci unisce è un libro che all’inizio fatica un po’ a carburare…un po’ come il rapporto tra i tre fratelli ritrovati…ma una volta entrati nel vivo della storia diventa difficile sospendere la lettura e soprattutto non piangere in alcuni momenti.
Vi consiglio veramente di leggerlo perché Il filo che ci unisce è un libro libero da pregiudizi e che ci insegna a non soffermarci sulle cose per come appaiono perché le cose non sempre sono come noi le immaginiamo!
La recensione completa la trovate sul blog.
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