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A differenza del nazismo al quale sono stati dedicati studi di storia sociale sia da parte di storici tedeschi sia anglosassoni, il fascismo italiano appare ancora privo di una storia sociale complessiva, mentre esso è divenuto oggetto e modello per una lettura culturale del fenomeno totalitario. Questo lavoro si presenta come prima sintesi della società italiana sotto il regime fascista, dagli anni della presa del potere sino alla sua crisi durante il conflitto mondiale, passando attraverso il lungo decennio dell'organizzazione e dell'ottenimento di un consenso tra classi medie e tra ceti popolari. Partendo da studi che hanno ricostruito settori specifici dell'organizzazione di massa del partito (le opere rivolte all'infanzia, alla maternità, ai giovani, al dopolavoro) la mobilitazione della popolazione maschile (la milizia, lo sport) ed analizzato l'insediarsi e l'organizzarsi del regime in provincia, il libro esamina l'incidenza del fascismo nella quotidianità degli italiani, nelle mentalità, nel plasmare paternalismo e conformismo ed anche individua atteggiamenti di resistenza e di dissidenza sociale e culturale.
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Questo articolo: Il fascismo degli italiani. Una storia sociale. Nuova ediz.
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Ho apprezzato molto questo libro, racconta gli eventi che contraddistinsero il ventennio fascista in maniera imparziale e dettagliatissima. Ahimè non ho potuto goderne appieno perchè ho dovuto studiarlo per affrontare un esame universitario e, anche se piuttosto scorrevole, in certi frangenti risultava leggermente ripetitivo e prolisso. Lo consiglio a chi lo può leggere senza la pressione di doverlo finire e studiare in fretta.
Un po' complicato a una prima lettura (anche, ma non solo, per l'accanito utilizzo delle sigle dei vari enti fascisti), ma nel complesso molto buono per comprendere la faccia del fascismo che i libri di storia "canonici" normalmente non riportano: la ricaduta sulla vita comune della popolazione. Esamina vari aspetti e non cade nel puro nozionismo (fatta eccezione per le sigle, di cui sopra), ma si rivela molto di discorsivo e piacevole
"In rapporto ai circa cinque milioni i lavoratori industriali registrati nel 1936 e a fronte di una diminuzione, tra il 1921 e il 1936, del personale impiegato nei trasporti di circa 93.000 addetti, mentre il settore terziario aumentava di circa 200.000 unità ad ogni censimento". (pp. 144-145). Domanda: che cosa vuol dire questa frase? Oppure, p. 317: "È stato calcolato, sulla base di un ipotetico sviluppo regolare della popolazione ebraica italiana, tra il 1938 e il 1965, qualora non avesse subito la persecuzione e la Shoa, l'incidenza demografica degli anni 1938-1945: un secco 41% che aumenta al 49% tra coloro che nel 1940 avevano un'età giovanile variabile tra i 5 e i 25 anni". Di nuovo: che cosa vuol dire? E, ammesso che se ne possa trarre un significato: ha senso un calcolo del genere, fondato su una situazione ipotetica presa come inalterabile? E che ne sarebbe stato dello "sviluppo regolare" durante la seconda guerra mondiale? Ecco, il libro ha spesso passi di questa fatta: prosa faticosa, concordanze ignorate, punteggiatura farcita di errori e spesso tale da rendere oscura la frase, errori di stampa imbarazzanti. Di fronte a un editing del tutto indegno di un testo universitario e della casa editrice UTET, la critica delle tesi passa in secondo piano.
In generale, la storiografia italiana sul Fascismo si divide tra una larga maggioranza polemica e ostile e una stretta minoranza revisionista e apologetica. In entrambi i casi, mancano più o meno gravemente i requisiti minimi per un’analisi obbiettivamente storica del Ventennio. Questo saggio appartiene al peggior filone del primo tipo. Preconcetti ideologici deformano la realtà storica oltre ogni evidenza. Ma in aggiunta a ciò: prosa fumosa e stentata, spesso morfo-sintatticamente errata; affermazioni e tesi, anche impegnative, semplicemente gratuite, con qualche dato e riferimenti bibliografici rari; organizzazione disagevole degli argomenti, con generalizzazioni e banalizzazioni. Il saggio porta come sottotitolo “una storia sociale” ma di storia c’è ben poco: semplicemente una serie di temi, peraltro già di per sé sconnessi, messi in serie alla rinfusa, senza riuscire a dar conto in maniera ampia e organica del fenomeno fascista. Non può nemmeno essere definito saggio storico; se non fosse per la valanga di dati buttati dentro alla rinfusa, la dizione romanzo storico sarebbe di gran lunga più appropriata.