Ogni giorno decine di migliaia di persone abbandonano il loro paese, in fuga da conflitti, guerre civili, scontri etnici o religiosi, da condizioni di vita insostenibili. Partono da città e villaggi dell’Africa e del Medioriente, da luoghi così remoti che non sono neanche segnalati sulle carte geografiche. Vanno a ingrossare il flusso dei migranti che si riversa nel Mediterraneo, diretto verso un futuro diverso e, forse, migliore. In questo esodo, le coste della Sicilia costituiscono uno snodo per il traffico di esseri umani, gestito da organizzazioni criminali senza scrupoli. Una volta raggiunta l’Italia via mare, su barconi fatiscenti o gommoni, i migranti verranno poi ceduti ad altri trafficanti, i cosiddetti scafisti di terra, per raggiungere i paesi ricchi del Nord Europa, la meta più ambita.
Di questa realtà complessa e sotterranea a noi arriva solo una minima parte, attraverso le immagini tragiche che quasi ogni giorno invadono i servizi dei telegiornali e le pagine dei quotidiani. E la liturgia mediatica, quasi sempre la stessa, fa sì che le scene degli sbarchi e dei naufragi si assomiglino tutte, così come ogni nuova strage (a Lampedusa, Pozzallo, Porto Empedocle, Catania…) assomiglia alle precedenti e ne cancella il ricordo.
Ma che cos’è che non vediamo? Che cosa succede dopo i salvataggi e gli atti di eroismo dei militari di Marina militare e Guardia costiera, che sottraggono i migranti al mare e alla morte?
Da quel momento, ciò che si sviluppa è una fitta trama investigativa di indagini giudiziarie che si espandono da un porto all’altro, con l’obiettivo di dividere i “buoni” dai “cattivi”, chi sfrutta da chi viene sfruttato.
Una trama incredibilmente intricata che la giornalista Cristina Giudici ha dipanato recandosi sulla costa orientale della Sicilia, tra Catania, Ragusa e Siracusa, e affidandosi a una coppia di testimoni d’eccezione: il sostituto commissario della Polizia di stato Carlo Parini, responsabile del Gruppo interforze di contrasto all’immigrazione clandestina e inarrestabile “cacciatore di scafisti”, e il suo collaboratore più prezioso, l’interprete marocchino Aziz, estroso “detective kebabbaro”.
Così, in questo reportage originale e avvincente, alla ricostruzione del modus operandi dei trafficanti si alternano le storie dei carnefici e delle vittime dell’immigrazione clandestina, attraverso i ricordi, le vittorie e le sconfitte di chi ogni giorno lotta in prima linea in quest’emergenza umanitaria che ha assunto ormai quasi i tratti di una guerra.