Who wants to live forever? Così cantava Freddie Mercury, tanti anni fa. Leonardo Patrignani racconta da dove è venuta l’idea per Time deal, in uscita per DeA il 13 giugno 2017.
L’interrogativo dev’essermi rimasto impresso e, a un certo punto del mio percorso nella narrativa, mentre cercavo un’idea di grande impatto per una nuova storia di largo respiro dopo le atmosfere più intime e drammatiche di There, è tornato. Si è trasformato in un what if stimolante su cui lavorare. Un punto di partenza ideale.
Così mi sono guardato attorno, ho iniziato a esplorare la rete e le librerie alla ricerca di spunti interessanti e ho trovato quello che cercavo negli studi sulle nanotecnologie e sul loro utilizzo in campo medico. Mi sono dunque chiesto: perché non ipotizzare la scoperta e la diffusione di un farmaco capace di farci smettere di invecchiare? Non è un’idea così lontana dalle prospettive attuali della ricerca. Dopo essermi documentato a dovere (utilissimo nella fattispecie il saggio Nanouniverso. Megafuturo di M. Cavazzini, HOEPLI), ho iniziato a pensare al nuovo mondo da descrivere.
Per la prima volta non sono partito dal “qui e ora”, com’era accaduto sia con Multiversum che con There. Ho immaginato una realtà più circoscritta, chiusa a se stessa e senza contatti con il resto del mondo. Un’isola dunque, ma non solo. Un’isola in cui esiste ancora la vita, nonostante una catastrofe nucleare ormai lontana negli anni.
Dunque un tempo futuro, ma non troppo (poco più di un secolo). Non è però, pur trattandosi di un rifugio di sopravvissuti, l’isola di Lost. La mia Aurora è una città-Stato moderna, come potrebbe essere una Singapore degli anni 2030/2040. Per creare e rendere credibili queste condizioni ho buttato giù una prima backstory socio-politica di Aurora, che nel corso della stesura è andata crescendo, diventando uno strumento utilissimo per dare concretezza al passato della popolazione, per renderlo autentico.
Cosa intendevo raccontare? Sapevo di avere un materiale ricco tra le mani, uno spunto perfetto per esplorare uno degli aspetti dell’umanità che più mi attrae: il superamento dei limiti etici da parte di persone in possesso di una conoscenza superiore (in questo caso una rivoluzionaria ricerca medica). Il conflitto perenne tra la nostra sete di potere e controllo, un patrimonio genetico che ci portiamo dietro da sempre, e il rispetto dell’intima natura del genere umano.
Avevo dunque bisogno di personaggi di varie età, ma il primo scontro ideologico che mi è saltato agli occhi è stato quello tra un adolescente vero (che per una questione di principi e valori non si è mai sottoposto alla terapia) e un rivale che è adolescente solo nell’aspetto, ma ha in realtà ricevuto il trattamento una ventina di anni prima ed è dunque, mentalmente parlando, un adulto di oltre trentacinque anni. Da qui in poi, i personaggi e i loro dilemmi sono nati da soli, man mano che scrivevo le prime pagine del romanzo. E così da una parte (nei quartieri periferici e malfamati di Aurora) c’era Julian Darrel, con il suo profondo senso di responsabilità dovuto agli insegnamenti dei genitori di cui è orfano, e dal fatto di essere il tutore della sorella minore, Sara. E dall’altra parte della città (quella benestante) c’era Aileen Sheridan, figlia di avvocati affiliati alla TD Pharma (la casa farmaceutica che ha prodotto il Time Deal e sta trasformando il suo potere da economico a politico) e dunque costretta a farsi somministrare il farmaco all’età di quindici anni. Destinata, dunque, a non invecchiare più. A differenza di Julian, suo fidanzato dai tempi dell’infanzia, che si rifiuta di manipolare il destino, di accettare di pagare l’inevitabile prezzo che un simile prodigio richiede. Ma che nessuno conosce davvero.
Il resto del cast, composto naturalmente da aiutanti, mentori, antagonisti e svariate altre maschere drammaturgiche, si è formato strada facendo, anche grazie a un lavoro di preparazione a monte che non avevo mai fatto con i romanzi precedenti, ma che è figlio dello studio intenso delle tecniche di sceneggiatura portato avanti negli ultimi due anni. Uno studio che ha cambiato radicalmente il mio approccio alla narrativa, ora più consapevole, e per il quale devo ringraziare il mio sensei Francesco Trento.
Ma al di là di qualsiasi possibile scaletta, come sempre accade, gli episodi più sconvolgenti sono avvenuti nel corso della stesura.
Mentre passeggiavo io stesso per le vie di Aurora.
Mentre respiravo l’aria tossica che avvolge la metropoli.
Mentre mi interrogavo sullo stesso quesito che da quelle parti è all’ordine del giorno, da quando il Time Deal ha sovvertito l’ordine naturale delle cose: chi vuole davvero vivere per sempre?
Leonardo Patrignani