Secondo una leggenda, tutto iniziò quando l’arcangelo Gabriele portò a Maometto una bevanda nera come la pietra della Mecca per rinvigorirlo dai malanni. Ma la storia tramanda anche che papa Clemente VIII, chiamato a deciderne il divieto per le sue virtù eccessivamente eccitanti, dopo un primo assaggio non solo non proibì il caffè ma lo battezzò per renderlo bevanda «in grazia cristiana».
In questo libro delizioso, Ivano Porpora ci porta tra le piantagioni di Arabica del Brasile o di Robusta del Vietnam, quando le bacche sui rami diventano rosse e le drupe pronte per essere estratte, per poi farci assistere all’essiccatura e setacciatura dei chicchi, nonché alla loro tostatura nelle torrefazioni. Tutte queste fasi, fino alla messa in tazzina, con le sue infinite variabili identificative – macchiato freddo, caldo, lungo, corretto –compongono un ciclo rituale governato da precise regole e credenze, destinate e tramandarsi per generazioni.
Ma la storia del caffè non si limita al suo processo produttivo o alle centinaia di varianti che sono state inventate per raggiungere il perfetto equilibro tra aroma e gusto. Da quando si diffuse in tutto il mondo arabo prima di raggiungere l’Italia, sua patria d’elezione, intorno al 1570, questa bevanda subito popolarissima entra con prepotenza nel nostro immaginario collettivo, da prodotto quasi di contrabbando smerciato nelle erboristerie a vero e proprio fenomeno sociale nella Venezia del Settecento, fino alla consacrazione dell’irrinunciabile rito quotidiano che conosciamo oggi.
Nero e bollente è un elogio corale in cui le voci di García Márquez e Hrabal, Rimbaud e Brodskij riecheggiano insieme a racconti di vita familiare e a scene di grande cinema, canzoni della musica popolare ed esegesi bibliche, componendo un inno intimo e raffinato della bevanda del diavolo.