Per millenni la donna è stata definita per difetto rispetto all’uomo: secondo Platone la donna è meno virtuosa, per Rousseau è più debole e passiva, per Schopenhauer ha minor raziocinio. E se il carattere femminile era ridotto a una semplice somma di difetti e limitazioni, lo stesso succedeva al corpo, meno adatto alle fatiche e al lavoro, gravato dal peso del ciclo mestruale e della gravidanza, spesso un vero e proprio ostacolo, o almeno un ingombrante fardello.
Il sesso femminile era insomma una semplice deviazione dalla normalità, dal vero Sesso, quello maschile. Ed è su questa idea che si sono gettate le fondamenta della sottomissione femminile, forgiate le chiavi con cui le donne sono state relegate dentro lo spazio domestico.
Oggi il sistema patriarcale che per secoli ha governato la società è sistematicamente contestato e anche le differenze biologiche o culturali tra i generi, saldo fondamento del vivere occidentale, non sono più un dato oggettivo. Gli steccati che dividono le donne dagli uomini stanno rapidamente rovinando, come spiega in questo breve libro acuminato Jennifer Guerra: «Non c’è più un confine da attraversare, per determinare quella divisione, ma si è aperto uno spazio di possibilità. Qualcosa che non nasce, diventa». Sembra poco, ma è il primo passo di una rivoluzione copernicana, un cambiamento capace di sovvertire la gerarchia sociale primaria, ovvero quella tra i sessi. E se i sessi perdono la loro funzione, che cosa può succedere alla società?