Autore Francesco Germinario
Editore UTET
È certamente difficile un confronto con la terribile vicenda dell’antisemitismo novecentesco senza incrociare il nome di Céline. Del resto, ancora un quarantennio dopo la sua morte, quello dello scrittore francese è uno dei nomi più ricorrenti nella cultura politica del radicalismo di destra europeo. Le ristampe delle sue opere sono ininterrotte; e se negli ambienti del radicalismo di destra europeo si preferisce ovviamente rieditare i suoi scritti antisemiti nulla più che un ingenuo quanto grossolano tentativo di sottolineare come la tradizione dell’antisemitismo europeo possa vantare figure tutt’altro che secondarie sul piano intellettuale il settore dell’editoria di alta cultura concentra la propria attenzione sui suoi romanzi, quasi a volere confermare l’esistenza di figure diverse di Céline: lo scrittore che irrompe di prepotenza nella letteratura del Novecento, sovvertendone i canoni, tanto che, anche a distanza di decenni dalla sua morte, non si vede scemare l’attenzione verso i suoi romanzi, e il rabbioso pubblicista politico, relegato alla damnatio memoriae, a causa del suo antisemitismo e della scelta collaborazionista (1940-1944).