«Marx scoprì centocinquanta anni fa qualcosa sul capitalismo di cui dobbiamo tenere conto oggi.»
Rivelatore è che il giudizio citato, lapidario quanto inatteso, provenga dal cuore dell’alta finanza americana: sono infatti parole di George Soros, imprenditore e speculatore multimiliardario, in dialogo qualche anno fa con il grande storico del Novecento Eric Hobsbawm a proposito dell’attualità di Karl Marx e del suo ricco e denso monumento teorico, il Capitale. Grandiosa opera incompiuta, per due terzi inedita fintanto che l’autore era in vita, pertanto sistemata e organizzata nella sua struttura attuale dall’amico Friedrich Engels, il Capitale di Marx è una pietra miliare del pensiero filosofico e della scienza economica. Una miniera di analisi e concetti di estremo interesse per chiunque voglia capire, indipendentemente da orientamenti politici e ideologie, la struttura profonda del capitalismo e delle sue crisi ricorrenti; il “furore dell’accrescimento” che porta a un’accumulazione della ricchezza, apparentemente, senza fine; l’alienazione e lo sfruttamento che possono caratterizzare i rapporti di lavoro; il sortilegio – è lo stesso Marx a parlare di un enigma magico, quasi sovrannaturale – che avvolge ogni merce-feticcio.
In anni di crisi profonda e diffusa incertezza sociale, i tre libri che compongono il Capitale sono la lettura perfetta per provare a comprendere le luci e le ombre del modello economico in cui, tra espansioni, contrazioni e trasformazioni, ancora ci troviamo: costantemente esposto al rischio sistemico che svela la sua interna contraddizione.