Ne uccide più la lingua

Ne uccide più la lingua
Smontare e contestare la discriminazione di genere che passa per le parole

Cerca di passarci sopra, dai.
Non dovevi vestirti così.
Potevi dire no.
Lo stupro è un’altra cosa.
Perché non hai denunciato?
L’ha uccisa in un raptus di gelosia.
Sei troppo aggressiva.

Non c’è donna che non si sia mai sentita rivolgere parole come queste. Parole a cui ci si abitua, tanto sono consuete. La violenza che contengono non ci stupisce, al massimo produce un groppo alla gola a cui non si riesce a dare spiegazione. E più queste parole diventano quotidiane, più si rischia di adottare lo stesso sguardo misogino sul mondo. Del resto, questo linguaggio non appartiene solo alla nostra quotidianità – il mondo reale e i social media – ma permea anche le pagine dei giornali, i salotti televisivi, i comizi dei politici.

E non sono mai solo parole: “ne uccide più la lingua”, perché tutto ciò che ci permettiamo di dire legittima ciò che ci permettiamo di fare. Le parole che abbiamo a disposizione danno una forma ai nostri pensieri e plasmano la realtà. C’è un solo modo per debellare l’odio di genere che passa per le parole: imparare a riconoscerle, decostruirle e cambiarle.

Valeria Fonte ci guida in un’analisi arrabbiata, minuziosa e lucidissima di tutti i discorsi scorretti – che siano apertamente violenti o sottilmente discriminanti – che leggiamo e ascoltiamo ogni giorno, e che non possiamo più accettare. Smontandoceli davanti agli occhi, ci aiuta a capire come rispondere e come difenderci. Perché le uniche parole con cui dobbiamo parlare, oggi, sono le nostre.

«Se c’è un modo per debellare il dolore a cui ci siamo abituate, deve passare per le parole. Alle donne non si insegna l’arte dell’argomentazione: in genere, ci si aspetta che non abbiano così tanto da dire da doverne fare uso. Qual è il mio compito? Dimostrare il contrario.»

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