Ci sono storie che sono come pugni nello stomaco. Sono storie difficili da ascoltare e ancora più difficili da raccontare, ma una volta iniziate, è impossibile tornare indietro. Come succede in questo libro, dove si resta agganciati alle parole di Pablo Trincia, uno dei più abili storyteller di oggi, che qui apre scorci su vite distanti dalle nostre, ma solo per un caso fortuito.
Ragazze e ragazzi di nazionalità, culture e fedi diverse, accomunati però da un unico e universale desiderio: poter vivere liberi e al sicuro. Questo motore che spinge oltre i confini noti – spezzando i legami, gettando tra le braccia del pericolo – Trincia l’ha visto in azione con i suoi occhi durante i viaggi a caccia di verità in giro per il mondo, nelle peripezie di centinaia di persone in movimento.
Come quelle di Fatima, cresciuta in un piccolo villaggio dell’Afghanistan, dove le opportunità di studiare ed emanciparsi sono pari a zero se si ha la sfortuna di nascere, donna, sotto un regime di uomini che si fanno chiamare taleban. O Omar, in fuga dalla povertà che imperversa nel sottile lembo d’Africa a cui appartiene. O ancora, quelle di Sasha, la cui esistenza è stata congelata una mattina di febbraio 2022, al grido lacerante di una sirena antiaerea ucraina. Fatima, Omar e Sasha sono tre ragazzi diventati, loro malgrado, dei migranti. Le loro storie – odissee fatte di dolore e speranza – ci riconnettono alla grande comunità umana, ricordandoci allo stesso tempo chi siamo come individui. E proprio perché difficili da raccontare, meritano di essere ascoltate, e ancora di più meritano di essere condivise, come ha fatto PabloTrincia in questo toccante, potente volume.