«In Occidente non vivete il tempo con lentezza, non assaporate l’istante, spesso non vi accorgete neppure della bellezza su cui posate lo sguardo. Vivete con un senso di smania e di fretta perenne.»
Mongolia. Un paese che in molti considerano vuoto, difficile e ripetitivo. Ma un giorno Mirian, giovane dottoressa spaventata dall’irrazionale e con le scorie di una relazione interrotta ancora sulla pelle, decide di fare la valigia e seguire un battito. Si unisce a un gruppo di sconosciuti e parte alla volta di una primordiale e indomita Asia orientale: paesaggi singolari, praterie sterminate e quel senso di vuoto da cui risuonano libertà e spiritualità. Una terra feroce e diversa popolata da falconieri, sciamani e monaci buddhisti in cui Mirian va a cercare quel frammento di autenticità soffocato dalla smania perenne di un Occidente frettoloso e tecnocratico. Sospesa tra due relazioni impossibili, tra l’amore selvaggio e nomade di una guida locale e quello gentile e delicato di un suo compagno di viaggio, Mirian sceglie la bellezza di un Paese lontano, un luogo fatto di silenzi e storie, seguendo quel filo nascosto, quel richiamo segreto che viene da dentro.
Perché l’incontro inevitabile con l’Altro spesso non è una favola, ma una storia intricata di vita, morte e ancora vita. Un’inafferrabile storia di amore e sofferenza che può essere compresa solo nel silenzio.