«Chi non ha mai provato il piacere, e la fatica, di leggere e rileggere, cercare, scrivere, annotare, chi non ha vegliato questo genere di veglie e non s’è mai affinato nelle polemiche e nelle discussioni e invece è tutto preso da smanie e traffici, costui giri al largo da queste Notti e cerchi altri svaghi.»
Nella prefazione alla sua unica opera, Le notti attiche, Aulo Gellio ricorda di aver cominciato a stendere i venti libri che la compongono durante le fredde nottate trascorse in Attica negli anni di gioventù, quando, per completare la sua formazione, passeggiava per la città di Atene con gli intellettuali e i letterati più famosi della sua epoca. Di quell’epoca Gellio finirà per diventare quasi la voce emblematica e disincarnata, tanto che non ne saranno ricordati nemmeno i dati biografici, come l’anno di nascita, quello di morte o il luogo di provenienza.
Onnivoro reporter di un universo libresco, compulsivo annotatore di cose dette o sentite, di fatti o citazioni, Gellio convoglia nelle Notti attiche un ventaglio enciclopedico di discipline, restituendo così l’immagine vivace di una stagione priva di irrequietezze dello spirito e al contempo pervasa da un afflato dotto e accademico. Si tratta di una miscellanea erudita, uno zibaldone curioso, un’opera frammentaria e aneddotica dove trovano posto gli argomenti più disparati: dalla filologia alla mantica, dalla gastronomia all’enigmistica, dalla grammatica all’astrologia, dalla medicina alla musica. Scritte con uno stile limpido e curato, Le notti attiche sono una vera dispensa di nozioni culturali, un compendio del sapere umano nel II secolo d.C., una miniera di informazioni e citazioni che, a dispetto della scarsa fortuna che toccherà alla memoria del suo autore, continuerà a essere ampiamente saccheggiata nei secoli a venire.